Se chiedete ad un ragazzino il nome di qualche ciclista probabilmente vi risponderà Sagan o Nibali. Difficilmente vi darà il nome di un biker o di un pistard, nemmeno se si tratta di un appassionato del settore.
E se si parlasse di ciclismo femminile? Una rivista Americana ha condotto un piccolo sondaggio qui da noi in Europa a tal proposito ed è venuto fuori che i nomi più conosciuti fra le donne sono risultati essere quelli delle ciclocrossiste. Incredibile? Non proprio.
I problemi per le donne nel ciclismo
Il primo motivo per il quale le donne nel ciclismo più famose risultino essere le ciclocrossiste rispetto alle stradiste è dovuto sicuramente alla struttura del programma di gara. Le gare su strada femminili sono separate da quelle dei maschi, mentre nel cross, in pista, nel bmx e nella mtb le gare si susseguono nella stessa giornata. Questo offre una bella visibilità alle gare donne. Sarebbe semplice riproporre la stessa scaletta su strada? Non proprio: l’esperimento è già stato tentato più volte, anche di recente – al Tour de France 2018 ci sono state alcune tappe con arrivo di gara femminile che precedeva quello maschile – ma sembra che il pubblico stradista sia tendenzialmente più maschilista.
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Questo può essere spiegato anche da un altro motivo: le gare di cross femminile sono spettacolari tanto e quanto quello maschile. Il livello tecnico è altissimo. È anche successo di vedere in alcuni percorsi un tratto tecnico dove tutti gli uomini sono scesi a piedi mentre alcune donne sono riuscite a passare in bici.
Su strada non è proprio così, e non perché le stradiste siano meno capaci delle crossiste. Anzi spesso sono le stesse ragazza ad affrontare entrambe le stagioni. Il problema della strada sono i costi elevati, che scoraggiano molte ragazze di buon livello. Quando si sale nelle categorie Internazionali troviamo trasferte esose e la necessità di materiali e staff di primissimo livello. Ma mentre per gli uomini ci sono delle organizzazioni solide (aimé in diminuzione in Italia), fra le donne si rischia di non trovare squadra o comunque di gareggiare totalmente a spese proprie.
Questa situazione si verifica già nelle categorie giovanili, dove l’imposizione a gareggiare in corse strettamente femminili quando presenti in calendario obbliga le ragazze già dall’età di 13 anni a trasferte lunghissime di giorni interi. Una cosa poco detta a questo proposito è che si parla spesso di multidisciplinarietà, che viene sempre più attuata a livello maschile, mentre a livello femminile è ancora una perfetta sconosciuta, complice anche l’impegno gravoso nel seguire un calendario strada sicuramente più costoso in termini sia economici che fisici di quello degli uomini.
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La soluzione del futuro?
Una soluzione quindi ci sarebbe, e sarebbe anche semplice, ma forse così futuristica da non essere ancora nemmeno presa in considerazione: un calendario misto, dove le atlete possono correre in raggi più ristretti e non siano costrette a sobbarcarsi 800 o 1000 km di trasferta. Semplicemente partecipando ad una manifestazione di pista, di mountain bike o di ciclocross che farebbe comunque parte dello stesso campionato. E chissà mai che in età adulta invece di avere una fortissima stradista non molto conosciuta non otteniamo una ciclocrossista vincente, come vorrebbe il sondaggio Americano.
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